Se qualcuno avesse ancora dei dubbi o semplicemente delle perplessità sulla piega che sta prendendo il mondo della post globalizzazione dovrebbe farsi un giro attraverso i canali social. Non è troppo difficile avere un’idea di quel che si sta muovendo, semmai diventa complesso capire il perché e soprattutto come si è giunti a toccare vette mai viste di autentica idiozia.
Quello che quotidianamente sta accadendo è ormai giorno e notte nelle case di tutti, dove si pranza e si cena in compagnia delle interviste a politici ucraini che hanno perso il senso della ragione, inframezzate dalle ultime novità sul DNA ungueale della famiglia Sempio, per arrivare al Nobel per la pace partorito dalla Fifa (si, la federazione internazionale del calcio, proprio quella!) a favore di colui che ritiene di aver subito il grave torto di non vedersi riconosciuto quello autentico.
Peccato poi che quello vero sia andato ad una signora Ucraina in odore di legami con potenze straniere, per le quali ha attivamente operato fin dal 2014 in funzione anti russa. Con il risultato che da Piazza Euromaidan alle macerie di Pokrovsk sono rimasti sul terreno mezzo milione di ucraini per le aspirazioni da potenza della classe dirigente europeista di uno stato con standard socio economici da quarto mondo.
La verità è che siamo giunti al capolinea della logica, con dosi di cinismo mai riscontrate in precedenza da parte di un occidente assediato da caoslandia e in preda a fremiti convulsivi per manifesta incapacità gestionale di uno strabordante vaso di Pandora.
Se la UE è ormai al delirium tremens per la sindrome da abbandono del suo mentore sbarcato nel lontano 1943 per salvare il vecchio continente dai fascismi, oltreoceano non si sta meglio. L’elezione di Donald Trump ha cortocircuitato un sistema ampiamente dopato da un’economia iperfinanziarizzata che però non produce quasi più nulla, da una deriva wokista cui si sta rispondendo con un clima da guerra civile e con un attacco ideologico allo stato profondo, le cui risposte potrebbero innescare meccanismi destabilizzanti oltre ogni immaginazione.
Il governo Trump, che annovera soggetti anche più radicali del capo (uno fra tutti è il vicepresidente Vance), non pare volersi dare una regolata, nemmeno dopo le batoste subite alle recenti tornate elettorali in alcuni stati. Evidentemente alla Casa Bianca si sono convinti della ineluttabilità della missione messianica cui sarebbero stati chiamati per salvare l’America dai nemici di dentro, che, secondo molti adepti delle dottrine Maga, sono ben peggiori di quelli con gli occhi a mandorla o con il colbacco. Prodromi belli e buoni di una guerra civile strisciante, cui le parti avverse forniscono carburante a sufficienza con cadenza pressoché quotidiana.
Ma se c’è una cosa che colpisce di Trump è l’instabilità dei suoi approcci alle questioni di rilevanza nazionale e non solo. Non è detto che quello che sostiene all’ora di pranzo possa trovare conferma a cena. Dipende da svariati fattori, non ultimo il ritorno economico più immediato, trasformando tutto in una specie di mercato permanente.
In Europa molti hanno compreso il gioco al rialzo di Trump, così come le sue mosse da mercante in fiera, ma non è chiaro se abbiano anche compreso che esiste un tacito accordo con Putin per affossare la UE e riportare l’Europa ai nazionalismi di un tempo. Probabilmente qualcuno se ne sarà accorto e ci gioca pure, magari aspirando a diventare lo scolaretto preferito del maestro.
In questo panorama deleterio, per il quale azzardare analisi degne di questo nome può risultare inutile, l’incertezza è ormai la regola. Tutto si svolge all’insegna di logiche che spesso una logica non hanno, almeno quella che una volta era considerata tale. Benvenuti nel mondo del caos, del tutti contro tutti, dove l’unica regola che conta è quella degli affari e dove l’idiocrazia permea gran parte delle attività umane. Ad essa pare non sfuggire quasi nessuno, dai blasonati potenti ai peones della porta accanto che scimmiottano i primi per sentirsi fenomeni.
La storia distopica del film Matrix che ci vuole tutti partecipi di un grande copione dell’assurdo è ormai realtà: viviamo il tempo dell’idiocrazia, ce ne rendiamo conto, ma non siamo in grado di uscirne. Anzi, essa ci avviluppa sempre di più in una discesa verso l’assurdo che diventa man mano la nostra normalità.
Fernando Volpi
16.12.2025

