Ma anche qui desolazione. Un giornale finanziario e un vecchio settimanale erano tutto quanto si poteva scovare da leggere, il silenzio dell’albergo era inumano, al sonno neppure da pensarci perché montava l’angoscia di non risvegliarsi. La notte senza tempo, spettrale. Aveva smesso di nevicare fuori, tutto era immoto, le luci dei lampioni non oscillavano più, neppure un colpo di vento, un passante, un animale, niente, solo una volta dalla stazione venne un suono, sembrò lontanissimo…
La narrativa europea appartiene senza ombra di dubbio ad uno degli ambiti della cultura del nostro continente. Ecco perché come redazione di Polis Europa abbiamo deciso di inaugurare una nuova rubrica incentrata sulla critica letteraria romanzesca ed abbiamo appunto deciso di intitolarla Narrazioni. Il romanzo con cui apriamo questa nostra ambiziosa biblioteca è sicuramente un’opera narrativa di alto livello e si tratta del romanzo La Promessa pubblicato nel 1958 da Friedrich Dürrenmatt, scrittore e drammaturgo svizzero che in Italia ha sempre goduto di una certa notorietà. L’edizione che andiamo a commentare è quella Feltrinelli del 1959, anche se il romanzo è stato recentemente ripubblicato da Adelphi con una nuova ed egregia traduzione ma con un’incomprensibile copertina che non invoglia certo l’occhio del bibliomane quando si posa sugli scaffali.
La trama del libro – che sicuramente non andremo a svelare per non togliere al lettore il gusto di un finale tutt’altro che banale – è abbastanza inaspettata e articolata. La sagace capacità narrativa dello scrittore si può pertanto ben evidenziare nei tre passaggi principali del testo.
Una prima parte, quella più noir a tinte fosche, che mette subito il lettore davanti ai suoi smarrimenti e dove è appunto la conformazione geologica dei Grigioni a farla da padrone, imprimendo alle vicende di tutto il romanzo, una nemmeno troppo velata torbidità. L’atmosfera cupa e opprimente della città di Coira, il paesaggio svizzero descritto come altrettanto aspro e al contempo inospitale, ed infine Zurigo, città che subito appare come un’entità dove i cittadini sonnecchiano all’interno di un’esistenza noiosa e depressiva, ma che si rivela un luogo popoloso che sembra però spingere i protagonisti verso i turbamenti che li attenderanno, proiettandoli in una dimensione provinciale dove l’ossessione e l’angoscia la faranno da padrone. Questo clima narrativo asfissiante è lo sfondo perfetto agli eventi che introducono l’opera, eventi – questo si può dire – che cominciano con l’efferato omicidio di una bambina. L’autore evidentemente conosceva bene quei luoghi, perché riesce a dipingere magistralmente tutta una serie di desolate ambientazioni e una schiera di personaggi minori con un livello descrittivo assolutamente ricco di dettagli inquietanti con l’utilizzo di poche ma opportune frasi, come nel caso degli abitanti del piccolo paese di Mägendorf.
Nella parte centrale del romanzo si evidenziano altre tipicità letterarie assai intriganti. Anche la scelta di far cadenzare la trama del libro ad uno dei suoi protagonisti – il comandante H – è un espediente narrativo particolare anche se a volte il risultato appare un po’ prolisso, forse perché proprio impegnativa è la figura del poliziotto novello romanziere. Peraltro tale artificio narrativo fa assomigliare l’opera più ad un thriller teatrale che ad un libro di genere poliziesco.
La lucida follia del Commissario Matthäi, perché di questo si tratta, e la sua lenta ma costante discesa nell’oblio in cui precipiterà, forniscono alla trama anche qualche passaggio psicologico di indubbio interesse visto anche il modo molto melodrammatico ed efficacemente angoscioso con cui Dürrenmatt scava nei suoi personaggi. Ed è proprio qui che la capacità drammaturgica di far affondare nell’incubo i protagonisti del romanzo si fa ancora maggiormente evidente.
La parte finale ci fornisce gli ultimi elementi per sottolineare l’assoluta particolarità di quest’opera. Un interminabile ma efficace monologo del Comandante H., che attraverso una diretta critica al genere letterario poliziesco, fornisce una cruda raffigurazione della società di quel tempo, non distopica e proiettata in un futuro digitale come la nostra, ma semmai così noiosa ed ingiusta a tal punto di generare dei veri e propri mostri seriali. Le vicende narrate nelle ultime pagine sono appropriate ad un romanzo giallo degli anni 50, con una cadenza peculiare che porta finalmente a svelare l’assassino, e che allo stesso tempo conduce i protagonisti verso il proprio tormentoso destino.
Un libro perfetto per gli amanti dell’incubo senza orrore che ha già lasciato e che lascerà anche in futuro il segno nelle biblioteche di molti lettori.
Riccardo Berti
22.10.2022
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Edizione di riferimento: Friedrich Dürrenmatt. La promessa – Un requiem per un romanzo giallo, prima edizione italiana nella collana Le Comete, 1959, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano.