Sab. Lug 27th, 2024

Questo contributo potrebbe essere la consecutio logica del mio ultimo articolo (Sulla buona politica) scritto per Polis alcune settimane fa. In realtà non vi è alcun legame di consequenzialità tra i due scritti, se non altro perché le ragioni che oggi spingono alla seconda riflessione sono appena maturate in questi giorni. Ma una cosa è innegabile e in un certo senso essa alimenta un determinato tipo di analisi: quello che vuole fortemente necessario riflettere con attenzione sui meccanismi che muovono certe scelte da parte dei decisori politici. Almeno per tentare di capire come si formano quelle scelte che poi vanno a condizionare oggettivamente la vita di interi popoli.

Ecco dunque che emergono cose e fatti difficili da comprendere e spiegare, se non compiendo sforzi mentali di rilievo, oppure  conformando il nostro ragionamento in modo da  programmarlo in quella che vado a definire la “modalità dell’assurdo”. Ma attenzione a non compiere l’errore comune di rigettare a priori ciò che potrebbe sembrare a primo impatto assurdo, per abbracciare sempre e comunque la soluzione apparentemente più logica. La cratesiologia, filone delle scienze sociali che sta assumendo una sua importante valenza, insegna che nulla è completamente assurdo e che il legittimo dubbio ha pieno diritto di esistere in ogni momento ed in ogni questione che vede l’uomo come protagonista. Dunque, per chi osserva, studia e fa analisi politiche, non può non destare legittimo interesse il meccanismo apparentemente “assurdo” utilizzato per compiere talune scelte di pubblico interesse.

Fatta questa articolata premessa, che apre un universo da esplorare, arriviamo al dunque del ragionamento odierno. L’ex ministro degli esteri del governo Conte e del governo Draghi, Luigi Di Maio, sembra essere lo “specialista” designato dalla UE per trattare con i paesi arabi produttori di gas e petrolio le future forniture energetiche. Cosa abbia mosso la UE e il suo commissario alla politica estera Borrell per giungere a questa scelta è, appunto, il senso di questa riflessione. Già, perché questa opzione la devo necessariamente confrontare con una seconda notizia che, invece, mi lascia una profonda soddisfazione. Mi riferisco al fatto che al vertice sul clima a Sharm El Sheik la delegazione di esperti italiani aveva tra i suoi membri anche un ex compagno di liceo, il professor Federico Rossi, docente di fisica tecnica all’Università di Perugia.

Non ho potuto fare a meno di chiedermi come un uomo senza alcun titolo specifico possa d’un tratto rivestire un delicato e strategicamente significativo incarico e come ciò si coniughi con il fatto che ad un vertice internazionale sul clima siano (giustamente) selezionate le migliori capacità innovative della nostra ricerca. Se paragono le due situazioni, pur sforzandomi, non riesco a trovare una logica o un filo conduttore che faccia apparire sensata l’una cosa rispetto all’altra. O meglio: mi rendo conto che c’è una linea dell’assurdo alla quale è difficile trovare un senso. Non sono in grado di giudicare se il progetto che ha portato il mio ex compagno di liceo e lo staff che era con lui a rappresentare l’Italia alla conferenza sul clima sia stato migliore di altri, ma ho la quasi certezza che sia stata fatta una determinata selezione su basi tecnico-scientifiche. Altresì, ho la medesima quasi certezza che, nello scegliere Luigi Di Maio a ricoprire un ruolo che per l’Italia, in altri tempi, fu appannaggio di un certo Enrico Mattei, il criterio di selezione, se c’è stato, sia quanto meno opinabile.

Non è una questione di partigianeria politica o di preclusione verso qualcuno in particolare, ma nelle odierne società complesse ed iperspecializzate, dove le competenze sono spesso il discrimine tra chi sta al passo e chi rimane irrimediabilmente al palo, è legittimo e doveroso pretendere le persone giuste per ogni incarico. Di per se’ questo è un argomento vecchio come il mondo e paradossalmente di una verità disarmante, che si insegna a tutti fin da bambini. Eppure, alla prova dei fatti, molto spesso siamo spettatori di scelte che appaiono illogiche o, nella migliore delle ipotesi, supportate da una logica quasi imponderabile, se non “assurda”. Quella appena ricordata non è affatto un’iperbole, tesa a screditare un sistema di rapporti politici ed economici, bensì un dato di fatto che troppo spesso siamo stati, nostro malgrado, costretti a vedere e a subire. In Italia per decenni abbiamo avuto supermanager di stato ed una sterminata pletora dirigenziale a tutti i livelli  che hanno fatto peggio delle famose cavallette bibliche. Aziende pubbliche letteralmente spolpate, djvenute la mangiatoia per supermanager,  che di super avevano solo gli stipendi e le buonuscite: Alfa Romeo, Alitalia, Ferrovie dello Stato i nomi più eclatanti di una incapacità che ha rasentato la follia. Voragini gestionali che in altri stati avrebbero portato in galera decine di persone mentre in Italia hanno permesso a pochi unti dal Signore di fare i presidenti del consiglio, i supermanager coperti d’oro o i professori osannati a vita.

È su questa logica dell’assurdo che oggi le giovani generazioni dovrebbero puntare il loro dito inquisitore, affinché un malcostume che stenta a cedere il passo non continui a fare strame dei sani principi di merito e competenza che dovrebbero governare le scelte di una comunità. Con questa sacrosanta speranza, invece di continuare per la strada (senza sbocco) che ci ha portati a dover digerire una signora priva di titolo di scuola superiore elevata al rango di ministra dell’Università e della ricerca (ricordate la ministra Fedeli?) o un Luigi Di Maio ad ambasciatore UE per le risorse energetiche, non sarà forse il caso di pretendere dai decisori politici che i tanti professor Rossi in giro per il paese abbiano risorse ed incarichi adeguati?

Non sarà forse il caso di rivedere dalla radice i criteri che stanno alla base della selezione politica e professionale di chi è chiamato ad occuparsi di scelte strategiche? È pretendere troppo che siano le capacità reali e dimostrate nel tempo a portare chiunque ad assumere posizioni di rilievo e di responsabilità? O la logica dell’assurdo è riuscita così bene a far breccia nella testa dei più e ad imporre come accettabile un’inversione della normalità?

Certo è che se a un Luigi Di Maio può essere conferito un incarico come quello di ambasciatore UE per le risorse energetiche, saranno in molti a farsi legittimamente delle domande che, poi, dovrebbero anche avere risposte ben precise.

Fernando Volpi

26.11.2022