Ven. Ott 4th, 2024

La nazione e la nazionalità devono essere considerate il fine ultimo dell’azione sociale, e lo Stato il mezzo” (T.G. Masaryk.)

Tra la fine del XVIII ed il XIX secolo, linguisti e storici si mobilitarono per ridare un’identità alla popolazione slava del regno asburgico mentre la volontà dell’elemento germanico di mantenere una posizione egemonica spinse parte degli intellettuali cechi e slovacchi, come Jan Kollar ad esaltare il legame con il resto del mondo slavo. Nacque così il panslavismo. L’opposizione dell’elemento germanico di Boemia alla trasformazione dell’Impero da austro-ungarico in austro-ungarico-boemo con una successiva introduzione del bilinguismo, portò ad aspri contrasti tra cechi e tedeschi. Queste tensioni aumentarono con la comparsa di nuove realtà politiche come i socialdemocratici internazionalisti ed anche e soprattutto il partito socialista nazionale guidato da un grande statista ed intellettuale, Tomáš Garrigue Masaryk.

Tomáš Garrigue Masaryk rientra, anch’egli, nel vasto panorama dei “personaggi dimenticati” e magari ai più questo nome non dirà quasi nulla nella cultura europea ma l’importanza e la caratura politica e culturale di questo illustre filosofo e statista meritano una accurata analisi nonostante la storiografia italiana non abbia mai dedicato una particolare attenzione alla vita e alla personalità politica di Masaryk.

Tomáš Masaryk fu promotore e strenuo difensore del riconoscimento dei diritti nazionali dei paesi cechi all’interno dell’impero asburgico, della piena indipendenza dello Stato dei cechi e degli slovacchi oltre a numerose battaglie civili e culturali. Il proprio nome è strettamente legato alla storia della Cecoslovacchia, essendone stato in parte protagonista diretto ma finì per risultare una “figura storica scomoda” soprattutto per il regime comunista cecoslovacco ed anche quello sovietico.

Tomáš Masaryk nacque il 7 Marzo 1850 ad Hodonin una cittadina della Moravia meridionale al confine con la Slovacchia, da padre slovacco e da madre morava di lingua tedesca. Dopo anni di studi tra Vienna, Praga e Brno, conseguì nel 1872 la licenza al Ginnasio accademico e s’iscrisse all’università ove frequentò i primi corsi di filologia classica ma ben presto virò verso studi prettamente filosofici. Masaryk imparò diverse lingue tra cui anche l’italiano e viaggiò molto soprattutto in Italia e Germania ove incontrò, a Lipsia, la futura moglie Charlotte Garrigue che sposò nel 1878 e subito dopo aggiunse il cognome della moglie al proprio.

Gli anni giovanili di Masaryk filarono lisci tra direzioni di riviste, quotidiani, docenze di filosofia nelle università (parallelamente all’insegnamento universitario, accentuò il suo impegno a favore delle grandi battaglie civili e politiche del tempo: il suffragio universale, la questione femminile, la lotta contro i pregiudizi razziali e religiosi, la questione operaia e, soprattutto, quella nazionale ceca) ed alcuni scritti sulla questione ceca (“Il problema ceco” del 1894 e “La nostra crisi odierna” del 1895) e non solo. È proprio a questo ultimo proposito, uscì, nel 1898 una importante opera intitolata “La questione sociale“. Fondamenti sociologici e filosofici del marxismo che analizzava in maniera critica la dottrina di Karl Marx. Tomáš Masaryk condividerà sempre gli ideali solidaristici del socialismo ma non accettò mai la dottrina marxista, in quanto non sarebbe stata soddisfacente per quanto riguarda il concetto di nazione, per Masaryk di vitale importanza:  “non è possibile interpretare i sentimenti nazionali e la coscienza nazionale esclusivamente in termini di interessi economici […] Sarebbe auspicabile distinguere in modo molto acuto il concetto di patria e quello di nazionalità. Il marxismo non è stato capace di l’idea di nazione a causa del suo materialismo e del suo angusto amoralismo. L’idea di nazione è invece esattamente un’idea, un’idea morale”.

Seppur con i dovuti distinguo, il paragone con il nostro Giuseppe Mazzini sembra d’obbligo se andiamo ad analizzare i concetti di nazione, umanità, libertà, e democrazia. Se per Mazzini le idee di libertà, di patria e nazione erano inscindibili per creare un popolo che fosse considerato “nazione” anche Masaryk espresse un simile concetto: “Oggi l’idea di umanità si manifesta come idea di nazionalità. Negli ultimi tempi da noi si comincia a comprendere che l’idea di umanità non si oppone a quella di nazionalità, ma che solo la nazionalità, allo stesso modo dell’individuo, deve e può essere umana”. Il trionfo dell’umanità sugli egoismi elitari e sullo sfruttamento dell’uomo, secondo Mazzini e Masaryk, poteva realizzarsi solo tramite la messa in atto di: uguaglianza, democrazia e una versione (appunto mazziniana) del socialismo.

Nessun uomo può servirsi di un altro uomo come strumento dei suoi propri interessi e analogamente nessuna nazione può servirsi di un’altra nazione come strumento dei suoi interessi particolari”.

Con l’avvento del XX secolo fu fondatore del Partito Popolare Ceco d’ispirazione sociale e nazionale divenuto poi “progressista”. Con lo scoppio della Grande Guerra, Masaryk decise che era arrivato il momento di rompere con l’austro-slavismo e di combattere per la distruzione della Monarchia. L’Italia fu una delle prime nazioni a dare ospitalità al filosofo che scelse l’esilio e dall’estero organizzò i progetti per un futuro stato cecoslovacco e successivamente in Russia per organizzare la Legione Cecoslovacca (volontari di etnia ceca e slovacca) che contribuì nel rinforzare anche la controrivoluzione contro i bolscevichi. Dopo varie vicissitudini, l’indipendenza fu proclamata il 18 ottobre 1918 con successiva nascita ufficiale il 28 dello stesso mese dal Concilio Nazionale Cecoslovacco riunitosi a Praga.

Il “nuovo” territorio della Prima Repubblica Cecoslovacca comprendeva Boemia,Moravia, Slesia,Slovacchia e Rutenia sub-carpatica e comprendeva diverse etnie con territori dalle differenti tradizioni storiche, politiche e culturali ma con un unico grande aspetto in comune il “panslavismo”. Tomáš Masaryk fu eletto primo presidente della neonata Cecoslovacchia e mantenne quella carica fino alle dimissioni del 14 Dicembre 1935 per gravi problemi di salute. Fu sostituito da Edvard Benes del partito socialista nazionale ceco. Morì nel settembre del 1937 per l’aggravarsi delle già precarie condizioni di salute e la “sua” Cecoslovacchia vide la fine durante l’avanzata nazionalsocialista tedesca in quella parte d’Europa. Il figlio Jan divenne ministro degli esteri cecoslovacco negli anni ’40 e morì “suicida” nel 1948. Sulla morte di Jan Masaryk aleggia tutt’ora un grande alone di mistero perché si presume ci sia la “longa manus” del regime stalinista.

Masaryk, il presidente dei cecoslovacchi, andò con mio padre a trovare i contadini al villaggio. Entrando in un’isba, colpito nel vedere la miseria del popolo russo che abitava con il bestiame, scoppiò a piangere. Mio padre e tutti noi fummo molto stupiti dell’estrema sensibilità del professore slovacco”. (Lev Tolstoj)

Tomáš Masaryk è, ancora oggi, considerato il padre della democrazia cecoslovacca ed è considerato un socialista nel senso più ottocentesco del termine: Masaryk credeva nella “realizzazione politica dell’amore per il prossimo” e la sua Cecoslovacchia si pose come “terza opzione” tra pangermanesimo da una parte e sovietizzazione delle Russie dall’altra. Gaetano Salvemini lo definì “il Mazzini dei Cechi” e la sua visione patriottica (“atipica” se paragonata alla più classica visione nazionalsocialista tedesca) della questione ceco-slovacca lo annovera, di diritto, nell’olimpo dei “socialisti patriottici” da ricordare.

Dove gli uomini non riconoscono un principio comune, accettandolo in tutte le sue conseguenze, dove non è identità d’intento per tutti, non esiste Nazione, ma la folla ed aggregazione fortuita […] accozzaglia di uomini, riuniti dal caso e soggetti, presto o tardi, a cadere nel ludibrio” (G. Mazzini.)

Giovanni Gallo

02.04.2022

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