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Il vandalo Stilicone, che una certa tradizione storiografica ha dipinto a foschi colori, fu una delle grandi personalità della declinante Pars Occidentis Romani Imperii. La sua uccisione a tradimento, nel 408 d.C. per ordine dell’imbelle Onorio, figlio di Teodosio il Grande e Augusto d’Occidente (imperavit 395-423 d.C., Augustus dal 393 d.C.), fu una catastrofe per l’Impero.

Proprio nel medesimo anno della vittoria di Pollenzo (402 d.C.) la capitale amministrativa della Pars Occidentis fu trasferita, a cagione della minaccia barbarica, da Mediolanum (Milano) ove si trovava dai giorni ormai lontani di Diocleziano (284-305 d.C.) a Ravenna, ove rimase per gli ultimi 74 anni imperiali della Pars Occidentis (402-476 d.C.), per l’età di Odovacar (Odoacre, 476-493 d.C.) e degli Ostrogoti (493-540 d.C., allorché cadde a Belisario) e financo nell’età bizantina (epoca pre-Esarcale sino ai 580′ ed epoca dell’Esarcato, 580′-751 d.C.)

Anche se fu in precedenza già brevemente occupata verso il 730 d.C., Ravenna cadde nel 751 d.C definitivamente ai Longobardi di Aistulf che la tennero appena 23 anni, in quanto nel 774 d.C. i Franchi di Carlo Magno la donarono al Papa Adriano I (772-795 d.C.) come forse già aveva fatto Pippin nel 756 d.C., a favore di Papa Stefano II 752-757 d.C.; i Pontefici romani, in qualche forma, la tennero da allora fino al giugno 1859, regnando Pio IX (1846-1878).

La storia bisecolare dell’Esarcato ravennate, per quanto intricata e complessa (e, ahinoi, con poche fonti), ha un suo fascino che la rende unica; è oltremodo triste che, dopo oltre un secolo, occorra ancora fare ricorso in sostanza all’opera pionieristica di uno dei fondatori della storiografia bizantinista francese del tardo Ottocento, Charles Diehl, autore di un celebre libro su Giustiniano (527-565 d.C.) e di uno studio dell’altro – e se possibile ancora più negletto – Esarcato, quello d’Africa, durato fino all’ingresso degli Arabi a Cartagine nel 698 d.C[1].

Naturalmente vi sono altri studi monografici, spesso opera di valenti, eruditi e colti studiosi e studiose d’Italia, ma qualora si voglia un’opera dettagliata d’insieme, bisogna purtroppo risalire al Diehl. All’epoca post-esarcale (e post-longobarda) risale la Cronaca dei vescovi di Ravenna del monaco Agnellus a metà del IX secolo d.C. che è la nostra fonte precipua anche per le vicende secolari del resto sempre intrecciate alla religione in queste lande. Da Agnellus, e da documenti coevi, sappiamo ad esempio del τόμος di autocefalia a favore dell’Arcivescovo di Ravenna Maurus del 1/3/666 d.C. emesso dall’Imperatore monotelita – e dunque eretico anche per il Fanar odierno – Costante II (641-668 d.C.) una mossa contro Roma (allora c’era Papa Vitaliano, 657-672 d.C.).

Questa decisione, oggi obliata, è importantissima; se fosse stata implementata avrebbe cambiato la Storia d’Occidente e avrebbe reso impossibile la Chiesa Cattolica come la conosciamo; infatti, con questo atto, la sede di Ravenna veniva separata del tutto da Roma, insomma (con un anacronismo conscio di cui chiedo venia) stabiliva fra Ravenna e Roma la sorta di relazioni esistenti dal 1589 fra Costantinopoli e Mosca. Nel 682 d.C la decisione fu annullata, anche se l’Arcivescovo Reparatus ottenne dal Papa molti privilegi. Il documento è importantissimo anche perché dimostra l’uso (o abuso) che ormai si faceva del Consolato, ultimo e morente relitto della vera Roma nella “Nuova Roma” in riva al Bosforo.

Non è ignoto che dal 541 d.C. non ci furono più consoli se non gli Imperatori all’atto dell’accessione (l’ultimo console fu Fl. Basilius che assunse i Fasces il 1/1/541 d.C.). Orbene, il documento è datato nell’anno XXV di regno e nell’anno XXIV di consolato di Costante II chiamato Costantino Imperatore maiore {identifica quindi l’assunzione al potere imperiale effettivo con il Consolato che, secondo alcuni dotti secenteschi fra cui il Pagi, Costante II sarebbe stato l’ultimissimo Imperatore a assumere, l’1/1/642 d.C[2]}; la datazione continua con il XIV anno di regno (ma non di consolato) di Costantino IV che poi gli succederà e con l’anno VII di regno (ma non di consolato) dei due poveri fratelli Eraclio e Tiberio che saranno accecati nel 680-681 d.C. dopo la famosa rivolta in cui il popolo di Costantinopoli si sarebbe sollevato al grido “noi crediamo nella Trinità, perciò vogliamo tre Imperatori” chiedendo dunque che Costantino IV associasse nella realtà i due fratelli (cioè desse loro il Consolato, che lui ebbe alla morte del padre) e il cui unico risultato fu che lo stesso Costantino fece tagliare il naso ai suoi sfortunati fratelli teoricamente anch’essi Augusti.

Per l’inizio di questo periodo, vi sono diversi annali che ebbero origine ravennate; si rammentino i papiri non letterari editi in tedesco dallo svedese Tjäder e già verso il 1805 dal nostro Gaetano Marini, eruditissimo prete che diede una splendida edizione degli Acta degli Arvali. Per l’epoca del V-VI secolo non si può tacere almeno l’opera in inglese di Deborah Mauskopf Deliyannis “Ravenna in Late Antiquity”, dell’Indiana University, edita dalla prestigiosa Cambridge University Press nel 2010, che tratta financo gli inizi dell’Esarcato sino al 600 d.C. circa, in poche parole si ferma alla caduta di Maurizio (novembre 602 d.C.), come fece il Jones per la sua eruditissima storia economico-sociale in tre volumi del Tardo Impero (284-602d.C), tradotta pure nell’idioma di Pietro Bembo.


Massimo Vassallo

17.04.2022

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Note

[1] *dunque 28 anni dopo la fondazione di Qairawān nel 670 d.C., nell’odierna Tunisia, che fu la prima roccaforte dell’Islam in Nord Africa occidentale. Invero già il patricius Gregorius, un Esarca che si era ribellato a Costantinopoli, cadde nel 647 d.C. in battaglia a Sufetula oggi Sbayṭlā in Tunisia, vittima degli arabi, quattro anni dopo la presa islamica di Ṭarābulus al-Gharb (la Tripoli che fu italiana dal 5/10/1911 al 23/1/1943), una conquista epocale, che segnò un punto di svolta anche e soprattutto culturale; infatti ove si parlava la lingua di Marco Tullio e Lucio Anneo e si venerava Cristo (che alcuni secoli prima aveva preso il posto di Saturno, una classicizzazione del Melqart fenicio-punico, “nel tempo de li dèi falsi e bugiardi” [cit.]), in poco tempo si parlerà l’idioma delle terre del Nejd e si reciterà la Shahādah, e così avviene ancora oggi.

[2] Va altresì precisato che questo consolato non è espressamente attestato mentre lo fu quello di “Eraclio il nuovo Costantino” cioè Costantino III (che regnò dall’11 febbraio al 25 maggio 641 d.C.) il 1/1/632 d.C. quando era co-reggente del padre Eraclio).

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