Gio. Nov 7th, 2024

Riccardo Berti

 

E crolla dunque una buona volta, Società!

Crepa dunque, barbogio mondo!» uscì a gridare Des Esseintes, stomacato dallo spettacolo che evocava.

(Joris-Karl Huysmans, A Rebours, 1884)

 

Inaugurare una rubrica di recensioni, di questi tempi, è assai difficile. Cominciare in modo convenzionale sarebbe decisamente molto facile. Esordire con un autore pesante e con un argomento scomodo, ed al contempo cercare di presentare il romanzo senza cadere in banalità ideologiche e pseudopolitiche è invece assai avvincente.

Quello che vogliamo fare in questa sede è presentare testi che seppur inseriti nel circuito editoriale di largo consumo, si collochino in maniera precisa nel percorso che la nostra associazione vuole perseguire.

L’arte recensoria è una pratica assai diffusa. Sfogliando la raccolta del premio Nobel per la letteratura Wisława Szymborska intitolata Letture Facoltative uscita nel 2006 per Adelphi, già si può osservare la direzione verso la quale non si intende procedere. In questo amabile libello la poetessa polacca così definisce la lettura: “Con un Libro in mano, l’Homo Ludens è libero. Almeno nella misura in cui gli è concesso esserlo. È lui a stabilire le regole del gioco, obbedendo soltanto alla propria curiosità. Gli è dato di leggere sia libri intelligenti, dai quali apprendere qualche cosa, sia libri sciocchi, perché anche da quelli è possibile ricavare informazioni. È libero di non leggere un libro sino alla fine e di cominciarne un altro dall’ultima pagina, risalendo verso l’inizio. È libero di farsi una risatina là dove non è previsto, o di soffermarsi inaspettatamente su parole che poi ricorderà per tutta la vita.”[1]

L’approccio della Szymborska è moderato e gradevole ma già la teorizzazione dell’Homo Ludens (vagamente Idiocratico) ridicolizza l’ambito letterario. Nessuno vuole ammantare questo settore attribuendogli finalità messianiche ma senz’altro derubricarlo dalla mera posizione caricaturale di Hobby. L’obiettivo è proprio quello di evitare un approccio consumista all’ampio catalogo di opere disponibili sul mercato grazie alla larga diffusione degli strumenti digitali. All’Homo Ludens (vicino erede dell’Homo Oeconomicus e triste precursore dell’Homo Sintetico) viene preferito in questa sede l’Homo Cogitandi, l’uomo pensante, ossia un lettore che si approcci alle opere letterarie e saggistiche con intento non consueto ma piuttosto riflessivo, senza dover obbligatoriamente inoltrarsi in complicati percorsi teorici. Ed il libro che oggi si andrà a presentare ne vuol essere il primo esempio.

I tragici e ripetuti eventi terroristici di pochi anni fa – due su tutti Parigi e Copenaghen – sono andati singolarmente a coincidere con uno dei fenomeni editoriali del 2015: il romanzo di Michel Houellebecq intitolato Sottomissione. La inaspettata fatalità temporale ha portato subito alla ribalta delle cronache culturali e politiche una delle opere più controverse dello scrittore francese. I media europei hanno immediatamente cavalcato la convergenza letteraria e focalizzato l’obiettivo sul succo della questione: l’invasione islamica dell’Europa è veramente in atto?

È con questa avida curiosità che a distanza di anni dalla sua uscita un lettore può ancora approcciare a questo romanzo se interessato alla narrativa polemica di uno scrittore assolutamente non convenzionale. Chi si aspetta un componimento narrativo di stampo fallaciano o reazionario (come fu presentato al momento della sua uscita da uno sgrammaticato gruppo di politici italiani ed europei) resterà sicuramente deluso. Senza addentrarci in lunghe e noiose disquisizioni filosofico-dottrinali, che poco c’entrano con un libro che ha avuto una diffusione su larghissima scala e che è stato pensato sia per le masse sia per quei circoli intellettuali europei presenti ormai inermi ed inerti, proviamo a fornire una bussola di lettura con qualche spunto provocatorio. Il modo con cui Houellebecq affronta questo complesso argomento di assoluta attualità – sia a livello geopolitico che religioso – è del tutto spiazzante. Nei passaggi di un romanzo tutt’altro che scontato infatti, non si percepisce mai la fobia da terrorismo islamico ma piuttosto l’ineluttabilità di un tragico destino a livello continentale.

La trama del romanzo si dipana grazie alla narrazione e alle riflessioni del personaggio principale: Francois, un docente della Sorbona di Parigi, dove dopo una onesta e dignitosa carriera universitaria, finalmente diventa professore associato grazie alla sua prestigiosa attività accademica dedicata allo scrittore francese Joris Karl Huysmans, noto per la sua conversione al cattolicesimo in età avanzata. Attraverso le vicende biografiche e letterarie di Huysmans, Francois traccia un percorso simile ma non parallelo a quello del suo mentore letterario, percorso di cui alla fine riesce ad estrapolare soltanto una sorta di modernismo tradizionale e religioso che non gli è di nessun conforto e che anzi lo divorerà lentamente nel profondo.

La prima cosa che si nota scorrendo le pagine del libro è notare il percorso distopico-politico curiosamente permeato da un tasso di erotismo molto accentuato. E qui non stiamo afferendo ad una peculiare sensibilità dello scrittore per l’argomento (di cui non siamo a conoscenza) che potrebbe trasparire dal modo appassionato con cui descrive una certa spiccata propensione per le giovani studentesse da parte del protagonista, ma piuttosto perché Houellebecq usa il tema eros per convogliare l’attenzione del lettore sulla poligamia islamica, quasi una sorta di catarsi per il professore universitario tanto interessato a Huysmans quanto alle gonne delle sue allieve. La tesi espressa piuttosto chiaramente da Houellebecq tramite i personaggi che incontriamo (nelle fattispecie i colleghi universitari di Francois, successivamente musulmani convertiti), sembra poggiare sul fatto che una delle armi dell’Islam per dominare la civiltà occidentale sarà quella della poligamia, che darà piacere ai maschi dominanti e allo stesso tempo garantirà la continuità fertile dei praticanti.

Analizzato questo (non secondario) aspetto il lettore ben presto si immergerà nelle vicende politiche francesi che sono la spina dorsale del romanzo e che ruotano attorno alle Elezioni Presidenziali con la presenza di tutti gli attori politici odierni, tra cui spicca ovviamente la leader del Front National Marine Le Pen, che viene inopinatamente sconfitta al momento del suffragio (curiosamente dopo una serie di attentati e tensioni sociali maturate dopo un alquanto improbabile alleanza Sinistra progressista/Destra moderata), anche grazie alla distesa strategia del suo avversario: l’islamico moderato Mohammed Ben Abbes.

Tra le pieghe del libro, si interseca anche la vita privata di Francois, dove trova ampio spazio una delle sue giovani amanti, Myriam, una studentessa che a causa delle sue origini ebraiche sarà costretta a tornare frettolosamente a Tel Aviv in fuga dai timori della svolta del nuovo regime islamico.[2]

Leggendo Sottomissione non si può far certamente finta di non notare la particolare prospettiva metapolitica dell’autore. In particolare appare evidente l’importanza che viene posta sul chimerico progetto del neo presidente Mohammed Ben Abbes riguardo ad una futura egemonia islamica a respiro Euromediterraneo che andrebbe a ricalcare le gesta dell’Impero Romano; al contempo l’analisi politica degli eventi pone l’accento sul Fronte identitario/nazionalista francese che si configura nella sua essenza dottrinaria molto eterogeneo specie nella componente tradizionalista e conservatrice di cui alcuni militanti che poi confluiranno tra le fila islamiche.

Per mantenere vivo l’universalismo anti-ideologico verso coloro che sono fra i colpevoli dell’avvento islamico, lo scrittore non si priva di criticare anche ferocemente il comunismo stalinista finendo per elogiare Leon Trotzki che puntava sull’espansione internazionalista della dottrina marxista per il suo pieno compimento[3]. Strategia messa in atto dall’Islam che – secondo le parole di uno dei protagonisti – “doveva essere universale altrimenti non sarebbe stato“.

L’aspra critica verso un tracollo europeo anche di tipo politico era già stato teorizzata dal filosofo tedesco Oswald Spengler nella sua opera più importante: “Ma oggi il parlamentarismo è in piena decadenza. Esso era stato una continuazione della rivoluzione borghese con altri mezzi, la rivoluzione del Terzo Stato del 1789 portata entro una forma legale e associata alla sua nemica, la dinastia, in una unità di governo. Di fatto ogni lotta elettorale moderna è una guerra civile condotta con schede e con tutti i mezzi di sobillamento offerti dall’oratoria e dalla stampa, ed ogni grande capo-partito è una specie di Napoleone borghese. Questa forma, fatta per durare, che appartiene esclusivamente alla civiltà occidentale e che in ogni altra civiltà sarebbe stata assurda e impossibile, rivela di nuovo una tendenza verso l’infinito, una predeterminazione storica, una preoccupazione e una volontà di organizzare il lontano futuro secondo i princìpi borghesi del presente.”[4]

Paradossalmente proprio la frattura tragica che porterà al cambio del potere politico avverrà tramite oliati e legittimi meccanismi elettorali. E qui si innesta tutta la provocazione di Houellebecq: l’Islam conquisterà legalmente prima la Francia e poi l’Europa attraverso l’affermazione in più ambiti: in primis la vittoria elettorale, seguita dal predominio finanziario attraverso il denaro che affluirà dalle petro-monarchie mediorientali; ed infine la vittoria finale verrà raggiunta con la trasformazione dei costumi familiari (poligamia) ed attraverso una serie di riforme sociali largamente condivise, laddove il neo-eletto presidente islamico finisce addirittura per essere avvicinato alla dottrina cattolico-sociale del Distributismo[5]. Il passo finale, abbastanza paradossale, sarà quello di andare a riscoprire la vena intimista e spirituale della vecchia Europa ormai sedata e sottomessa; concetto espresso in maniera esplicita nelle parole del rettore Rediger: “È la sottomissione…L’idea sconvolgente e semplice, mai espressa con tanta forza prima di allora, che il culmine della felicità umana consista nella sottomissione più assoluta. È un concetto che esiterei a esporre davanti ai miei correligionari, potrebbero giudicarlo blasfemo, ma per me c’è un rapporto tra la sottomissione della donna all’uomo come la descrive Histoire d’O e la sottomissione dell’uomo a Dio come la contempla l’islam. Per l’islam, invece, la creazione divina è perfetta, è un capolavoro assoluto. Cos’è in fondo il Corano, se non un immenso poema mistico di lode? Di lode al Creatore e di sottomissione alle sue leggi.[6]

La decadenza che vuole trasmettere Houellebecq è certamente anche di tipo culturale. Huysmans rimane sempre sullo sfondo del romanzo come l’angelo custode del protagonista e allo stesso tempo la sua ultima ancora di salvezza verso quel passato che non tornerà. Nel romanzo “A Rebours” – pubblicato in Francia nel 1884 – viene presentato lo sfacelo dell’Impero Romano descrivendolo senza sfumature: “L’interesse che Des Esseintes portava alla lingua latina, non s’affievoliva neanche ora che, completamente putrefatta, essa penzolava, perdendo membro a membro, colando marcia; neanche ora che da tanta corruzione restavano illese poche parti che gli scrittori cristiani staccavan via per marinarle nella salamoja della loro nuova lingua. La seconda metà del quinto secolo era venuta; l’epoca spaventosa in cui la terra sembrò vacillare sulle sue fondamenta. I Barbari saccheggiavano la Gallia; Roma paralizzata, messa a ferro e fuoco dai Visigoti, avvertiva il gelo della fine; vedeva le sue più lontane provincie, l’Oriente e l’Occidente, dibattersi nel sangue, ogni giorno più esaurirsi. In mezzo allo sfacelo generale, mentre uno dopo l’altro i Cesari cadevano assassinati, fra gli urli che s’alzavano dalle carneficine di cui l’Europa da un capo all’altro s’insanguinava, più forte d’ogni voce, dominando ogni clamore, un urrà raccapricciante echeggiò. Sulla riva del Danubio, migliaia d’uomini, piantati su piccoli cavalli, avviluppati in casacche fatte di pelli di topo, dei Tartari orrendi, con enormi teste, nasi schiacciati, menti scavati da sfregi e cicatrici, glabre facce di itterici, si precipitano ventre a terra, circondano d’un turbine le terre dei Bassi Imperi. Tutto sparì nella polvere che il loro galoppo sollevava, nel fumo degli incendi. La notte si fece; ed i popoli interroriti tremarono udendo passare col rombo d’un tuono il ciclone devastatore. L’orda degli Unni spianò l’Europa, irruppe nella Gallia, dove nelle piane di Châlons Ezio la macellò in una memorabile carica. La pianura, imbevuta di sangue, schiumò come un mare di porpora. Duecentomila cadaveri, sbarrando la strada, infransero l’impeto di quella valanga, che, deviata, precipitò con schianti di folgore sull’Italia, dove le città messe a sacco arsero come mucchi di fieno. All’urto, l’Impero d’Occidente crollò; la vita di moribondo che trascinava nell’imbecillità e nel lordume si spense. La fine del mondo pareva del resto vicina: le città risparmiate da Attila, le decimava la fame e la peste. Il latino sembrò restar schiacciato pur lui sotto le macerie del mondo.”[7].

Con la stessa fermezza – anche se con minor brutalità – nelle pagine di Sottomissione sempre il rettore Rediger dipinge un quadro altrettanto fosco: “Quell’Europa che era il massimo della civiltà umana si è letteralmente suicidata nel giro di qualche decennio. E allora, da un capo all’altro dell’Europa, ecco i movimenti anarchici e nichilisti, l’appello alla violenza, la negazione di ogni legge morale. Poi, dopo qualche anno, la fine si è compiuta con l’ingiustificabile follia della prima guerra mondiale. Freud non si sbagliava, e Thomas Mann nemmeno: se la Francia e la Germania, le due nazioni più avanzate, le più civili del mondo, potevano abbandonarsi a quella carneficina insensata, significava che l’Europa era morta.”

Il romanzo si sviluppa con un gusto letterario molto decadente che possiamo quasi definire post-gotico, se non proprio per l’ambientazione accademica ma piuttosto per l’accurata descrizione del nuovo mondo islamico dove la civiltà europea appare definitivamente sconfitta.

Le riflessioni conclusive sono dipinte con maestria ed il recensore è posto davanti ad un bivio: interpretare alla lettera la Sottomissione del protagonista evocata dal titolo del romanzo o immaginarsi qualcosa di diverso? In questa sede ci piace dare una lettura straordinariamente difforme dalle recensioni apparse scelte in precedenza dal mainstream letterario. Nelle ultime pagine, quando il professore viene avvicinato e incoraggiato verso la conversione dalle lusinghe pressanti dei nuovi vertici universitari oramai tutti musulmani, lo scrittore, a nostro modo di vedere, potrebbe velatamente sottintendere il suicidio del protagonista attraverso un efficace e sapiente uso dei condizionali come “sarebbero” o “sarei” che nella totalità delle recensioni vengono indubbiamente interpretate come l’imminente segnale di resa. Una possibilità che era velatamente già comparsa a metà romanzo, quando le vicende politiche francesi avevano spinto Francois a viaggiare in cerca della rinascita della sua anima e quando dopo la sterilità e l’inefficacia dei suoi pellegrinaggi, la soluzione del suicidio viene accennata un paio di volte. Le ultime parole dell’ormai ex docente – “Non avrei avuto niente da rimpiangere” – danno il pieno senso del vuoto spirituale che lo pervade e allo stesso tempo declinano attraverso un cupo finale l’incapacità del continente Europeo di difendersi dal suo destino islamico che ormai si è pienamente compiuto. Questa la nostra convinta interpretazione a metà fra il romantico e il tragico, epilogo che a qualcuno ricorderà la vicenda umana dello storico francese Dominique Venner. Una licenza recensoria che il lettore ben comprenderà e speriamo apprezzerà.

Proprio nell’ultimo capitolo di Sottomissione si trovano importanti analogie con le ultime pagine del romanzo di Huysmans: “Queste considerazioni gli fecero anche più tetra la prospettiva della vita che lo aspettava, gli abbuiarono ancora l’orizzonte, glielo mostrarono più minaccioso. Inutile illudersi: nessuna proda, nessuna rada s’offriva allo sguardo, cui sperar d’approdare. Che sarebbe di lui a Parigi, dove non contava né parenti né amici? Nulla più lo legava a quel sobborgo di Saint-Germain, sbriciolantesi in polvere per decrepitezza, tremante di marasma senile, vuota reliquia del passato superstite ad una società che gli ribolliva d’intorno. (…) Dopo quell’aristocrazia del sangue, era oggi la volta dell’aristocrazia del danaro. Oggi su tutto imperava la Bottega, trionfava il dispotismo di rue du Sentier, spadroneggiava il mercante, vanitoso e truffatore per istinto, limitato e venale di animo. Con meno scrupoli e maggiore codardia della nobiltà spogliata e del clero decaduto, la borghesia si appropriava delle due caste la frivola ostentazione e l’effimera prosopopea, avvilendole entrambe col suo manco di creanza; convertendo i difetti di quelle in ipocriti vizi. Autoritaria e sorniona, bassa e vigliacca, essa infieriva senza pietà contro l’eterna necessaria sua vittima, il popolino, cui pure aveva di sua mano tolta la museruola e che aveva appostato perché saltasse alla gola delle vecchie caste. Ormai era cosa fatta. Ormai che il servizio lo aveva reso, la plebe era stata salassata per misura d’igiene sino all’ultima goccia: e il borghese rassicurato spadroneggiava allegramente, armato del suo danaro, forte della sua contagiosa stupidità. Conseguenza della sua salita al potere, era stata la mortificazione d’ogni intelligenza, la fine di ogni probità, la morte d’ogni arte. (…) Era insomma la galera in grande dell’America trapiantata nel nostro continente; era l’inguaribile incommensurabile pacchianeria del finanziere e del nuovo arrivato che splendeva, abbietto sole, sulla città idolatra che vomitava, ventre a terra, laidi cantici davanti all’empio tabernacolo delle Banche.”.[8]

Un’Europa, quella dei giorni nostri, in veloce e costante declino e quindi non molto diversa da quella descritta dal passaggio appena riprodotto, anche se a tutt’oggi le previsioni formulate da Houellebecq non si sono assolutamente avverate. Un continente costantemente in regresso morale dove le realtà nazionali e la solidità comunitaria non sono certo supportate dalle istituzioni economiche sovranazionali e dove le centrifughe sociali e immigratorie sono onnipresenti nei dibattiti politici e culturali, in un’epoca dove il terrorismo globale è un fenomeno pernicioso e con molti lati oscuri innegabilmente non confinabili al semplice scontro inter-religioso o a dibattiti di ambito geopolitico.

Pensiamo quindi alla Francia del 2015 ancora fortemente scossa dall’attentato alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo, dove perfino Le Monde partecipò (ca va sans dire) alla crociata intellettuale dell’ala progressista francese contro Houellebecq, battaglia finita poi in tribunale. Per alcuni esegeti metapolitici e culturali dello scontro di civiltà il romanzo poteva rappresentare una velata esortazione alla sinergia tra le Forze Nazionaliste ed il Sionismo politico che in Francia ed in Europa ha solidi radici, in nome della lotta al comune nemico islamico. Per altri[9] invece, un modo anche abbastanza banale per confinare l’autore in un universo reazionario-tradizionalista e vagamente nostalgico, pratica abbastanza comune in certi ambienti intellettuali.

Senza ombra di dubbio la biografia politica e letteraria di Houellebecq è controversa, e provocatoria ma sarebbe sufficiente leggerla senza condizionamenti concettuali per non tirare conclusioni o errate oppure senza cercare di confinare l’autore in recinti ideologici. Non si possono indubbiamente attribuire allo scrittore simpatie islamiche, come non si possono nascondere le sue amicizie con alcuni personaggi quali Bernard Henry Levy e quindi le sue simpatie verso la società israeliana[10]; resta il fatto che l’autore ha avuto il merito di creare un dibattito esplosivo tra ceti accademici di impronta diversa, in paese come la Francia dove le problematiche sociali di un ex-impero coloniale e tutte le contraddizioni dovute alle forti ondate immigratorie sono un tema politico persistente. Ma trasformare il romanzo in una chiamata ideologica allo scontro religioso appare risibile perfino a chi considera la narrativa un mezzo di sollecitazione politica. Infatti chi si approccerà a Sottomissione con la speranza (o viceversa con feroce astio) di veder confezionato un cripto-endorsement per il Front National rimarrà deluso. Anzi. A dimostrazione della assoluta imprevedibilità della narrazione l’immagine della leader Marine Le Pen non ne esce per nulla esaltata, totalmente surclassata dalle capacità propagandistiche del nuovo presidente Ben Abbes. Come assai fragile e confusionario appare il panorama politico della destra identitaria.

A più di sei anni di distanza dall’uscita del libro, le riflessioni sugli eventi descritti nella trama di Sottomissione sono multiformi. Un processo come quello descritto da Houellebecq necessiterebbe – anche nel caso si avverasse – di più tempo e non della repentinità condensata in un’opera letteraria di qualche centinaio di pagine. L’autore questo lo sapeva e già nel 2019 con il successivo romanzo Seratonina il fulmineo tracollo prende forma più sicura e decisa tramite tragici e feroci scontri sociali. Il tema religioso ed erotico, peraltro, viene riproposto – anche se in chiave meno nichilista – anche nella sua ultima fatica in uscita per la Nave di Teseo e chiamata Annientare. Ad oggi, comunque, nessun partito islamista ha vinto le elezioni presidenziali, nessun leader musulmano si è assicurato il potere politico e nessuna deriva oscurantista si è appropriata della Francia anche se le tensioni inter-religiose non si sono certamente placate e sembrano piuttosto le élite finanziarie a muovere la politica francese, con sullo sfondo l’eterna diatriba fra progressismo e conservatorismo.

Di contro, il ridimensionamento della destra identitaria rappresentata dal Front National è evidente, mentre appare ancora più inconfutabile il fatto che l’Europa intellettuale – e di riflesso anche quella sociale – completamente afona da corde che sollecitino il suo passato sta lentamente sprofondando verso un destino anonimo, profano e di totale devastazione etica. Proprio come il nichilismo post-moderno di Houellebecq aveva previsto.

24.12.2021

Edizione presentata: Michel Houellebecq, Sottomissione, Collana Narratori Stranieri, traduzione di Vincenzo Vega, Bompiani, 2015.

[1] Wisława Szymborska, Letture Facoltative, a cura di Luca Bernardini, traduzione di Valentina Parisi, Adelphi Edizioni, Milano, 2006.

[2] Non può qui non saltare all’occhio la originale coincidenza con le dichiarazioni rilasciate proprio dal premier israeliano Netanyahu all’indomani dell’attentato terroristico a Copenaghen: “Chiedo agli ebrei d’Europa di venire in Israele perché questa è la vostra casa” (riportato da Maurizio Molinari su La Stampa del 15 febbraio 2015)

[3] Trotzki così si esprimeva nel 1935: “L’unico modo per mettere fine alla guerra è rovesciare la borghesia. L’unico modo per rovesciare la borghesia è con un assalto rivoluzionario. Così contro la mania reazionaria della difesa nazionale è necessario lanciare lo slogan della distruzione rivoluzionaria dello Stato nazionale. È necessario contrapporre il programma degli Stati Uniti Socialisti d’Europa all’Europa casamatta del capitalismo come passo verso gli Stati Uniti del Mondo. (Lettera pubblicata per la prima volta sulla rivista newyorkese New Militant il 3 agosto 1935)

[4] Oswald Spengler, Il Tramonto dell’Occidente, Longanesi, Milano, 1957. Traduzione a cura di Julius Evola.

[5] L’enciclica Rerum Novarum di papa Leone XIII teorizzava questa nuova dottrina sociale in modo ampio ed esaustivo, mentre quella di Pio XI in quella chiamata Quadragesimo Anno ne affinava i principi.

[6] Michel Houellebecq, Sottomissione, Cap. V.

[7] Joris-Karl Huysmans, Controcorrente (A Rebours), Rea Edizioni, L’Aquila, 2014.

[8] Joris-Karl Huysmans, Controcorrente (A Rebours), Rea Edizioni, L’Aquila, 2014.

[9] https://www.wired.it/play/libri/2015/01/24/libro-michel-houellebecq/

[10] Houellebecq in un’intervista del 2011 al sito YnetNews ebbe modo di affermare “Non ho mai negato di essere pro-Israele“. (https://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4051309,00.html)